Ripensare le città e le abitudini
È in corso la Fase 2. Dopo due mesi in cui, per sconfiggere il Coronavirus, si sono fermate gran parte delle attività, produttive e di socialità e gli spostamenti sono stati ridotti al minimo, si sta ripartendo.
Nei prossimi mesi sarà possibile aprire tutto, tornare a lavorare, reincontrarci, andare in vacanza.
Tutto a patto di avere la consapevolezza che nei prossimi mesi dovremo convivere con il virus e che saranno i nostri comportamenti, il rispetto delle distanze e l’uso dei dispositivi a impedire che l’epidemia riparta, costringendoci di nuovo a “chiudere” per impedire che ci siano altri lutti e venga di nuovo sovraccaricato il sistema sanitario.
Ripartire in sicurezza, ma ripartire è necessario per il lavoro, l’economia, il futuro del Paese.
Per combattere il Covid19 abbiamo dovuto fare molti sacrifici. Tanti che hanno dovuto fermare le attività sono rimasti senza reddito.
Per non lasciare sole queste persone e le famiglie dei loro dipendenti, il Governo ha, per la prima volta, realizzato ammortizzatori sociali che hanno garantito un ristoro di 600 euro per ciascuno dei primi due mesi e di 1000 euro per i prossimi, e la possibilità per tutti i lavoratori dipendenti di avere la cassa integrazione per le grandi aziende e quella in deroga per tutti gli altri.
Ci si è messo troppo tempo a far arrivare questi contributi a tutti ma, nei prossimi mesi, grazie alle misure introdotte nell’ultimo decreto, tutto funzionerà meglio e più rapidamente.
Rimettere le imprese in moto e nelle condizioni di competere è, infatti, una priorità: lo Stato ha garantito al 100% i prestiti fino a 25 mila euro e garantito 200 miliardi di liquidità alle aziende che esportano, ma, soprattutto, con l’ultimo decreto, si è deciso di bloccare l’IRAP, dare contributi a fondo perduto per coprire una parte delle perdite di fatturato subite e sostenere il settore del turismo e quello dell’edilizia, dando la possibilità di ristrutturare secondo criteri di sicurezza e di efficienza energetica e ambientale, potendo godere di un bonus pari al 110% della spesa.
Tutti i provvedimenti presi per non lasciare sole né le persone né le aziende rappresentano uno sforzo complessivo pari a 150 miliardi di spesa.
Questi mesi, però, hanno cambiato le nostre abitudini e altre cose dovranno ancora cambiare per poter vivere in sicurezza nelle nostre città e nei nostri quartieri.
Certamente, i due mesi di chiusura hanno impresso una spinta forte verso il lavoro da casa: tante imprese, ma la stessa Pubblica Amministrazione, hanno sperimentato i vantaggi, per lavoratori e aziende del cosiddetto Smart-Working, così come la possibilità di insegnare anche utilizzando la rete apre scenari interessanti per integrare, non sostituire, l’insegnamento tradizionale.
Tutto ciò può ridisegnare i tempi e i modi di lavoro e di vita.
Così come c’è la necessità di non tornare indietro all’utilizzo quotidiano della macchina per spostarsi e questo richiede non solo un adeguamento dei mezzi pubblici per consentire di viaggiare in sicurezza ma anche la realizzazione di percorsi che consentano la possibilità di usare di più la bicicletta; una distribuzione diversa dei servizi che consenta di raggiungerli a piedi e il ripensamento degli orari e dei tempi di apertura di uffici, negozi e scuole per evitare le canoniche ore di punta, distribuendo aperture e chiusure su tutto l’arco della giornata.
Insomma, nei prossimi mesi avremo la possibilità di ripensare il funzionamento della città e dei suoi quartieri non solo per renderli più sicuri ma anche e, soprattutto, più vivibili.
Articolo pubblicato dalla rivista bimestrale Gente in Movimento di giugno 2020.