La legge sulla rigenerazione urbana
In queste settimane, in Commissione Ambiente del Senato, è in discussione un testo di legge riguardante la rigenerazione urbana, di cui sono Relatore.
Il disegno di legge su cui stiamo lavorando è frutto della sintesi tra molti testi diversi, presentati da tutto lo schieramento politico. Di rigenerazione urbana si parla da molto tempo ed è sicuramente molto importante per il futuro delle nostre città, dei territori, della qualità della vita.
Penso, quindi, che la rigenerazione urbana sia complessivamente un tema di straordinaria attualità. Oggi, infatti, parlare di rigenerazione urbana vuol dire anche mettere in campo le condizioni per ripensare le nostre città dopo la pandemia, che ha cambiato e cambierà molte cose.
Quando si parla di rigenerazione urbana, ad esempio, non si tratta soltanto di pensare al riuso di edifici non utilizzati o ad intervenire sul degrado ma dobbiamo avere l’ambizione a fare qualcosa di più e di rispondere ai bisogni sociali antichi e nuovi.
La pandemia, probabilmente, ci lascerà una rivoluzione del mondo del lavoro che ci porterà a ripensare luoghi, spazi e servizi: lo smart working sarà utilizzato di più; pezzi interi di città, oggi occupati da immensi uffici, vedranno ridotte quelle presenze e andranno riorganizzati, così come andranno riorganizzati i servizi, che andranno creati più vicini ai cittadini.
Soltanto questo aspetto significa già la necessità di ripensare pezzi interi di città.
Credo, quindi, che la rigenerazione urbana sia l’occasione per governare i processi di trasformazione, non di subirli.
La legge sulla rigenerazione urbana a cui stiamo lavorando stabilisce i criteri per avere accesso ai fondi per gli interventi; definisce i ruoli tra le diverse istituzioni (la materia è concorrente tra Stato e Regioni e coinvolge i Comuni); definisce i percorsi di coinvolgimento del terzo settore e dei cittadini; cerca di definire percorsi semplificati.
Non si tratta soltanto di intervenire sugli edifici per garantire più sicurezza e più qualità ma si tratta di intervenire su interi quartieri e interi pezzi di città, evitando ulteriore consumo di suolo ma guardando alla necessità di migliorare complessivamente la vita.
Dentro a questo ragionamento bisogna lavorare anche per rispondere ai bisogni abitativi e di qualità dell’abitare.
L’edilizia residenziale sociale e la risposta ai bisogni dell’abitare è una priorità indicata anche nell’articolo 1 della legge: tra gli obiettivi che i progetti di rigenerazione urbana si devono dare, quindi, c’è sicuramente l’aumento dell’offerta di abitazioni a costi accessibili (non solo edilizia residenziale pubblica ma complessivamente edilizia sociale). Questo è un tema su cui occorre ancora lavorare molto. Se penso alla Città Metropolitana di Milano, guardando al futuro, non credo che sia più possibile che ci siano solo abitazioni di pregio e che, quindi, hanno costi elevati, che hanno anche fatto da padroni in alcuni progetti di rigenerazione urbana del recente passato. Dobbiamo pensare ad una città in cui ci sia spazio per un mix sociale in ogni quartiere e in ogni realtà, ragionando proprio sull’edilizia sociale (che non vuol dire case popolari ma housing sociale e un’offerta abitativa a canoni accessibili).
Tra gli obiettivi della legge di cui stiamo discutendo, c’è anche questo.
Un altro aspetto importante riguarda il fatto che la legge chiarisce che le iniziative di rigenerazione urbana devono essere fatte senza consumare suolo.
Inoltre, gli interventi di rigenerazione urbana si incrociano con il superbonus del 110% e la possibilità di utilizzare quell’incentivo per intervenire sugli edifici dal punto di vista della qualità e della sicurezza, in quanto devono essere migliorativi e garantire l’efficientamento energetico di tutto il costruito.
Il testo su cui stiamo lavorando prevede che vengano messe in campo significative risorse pubbliche per gli interventi di rigenerazione urbana. Ad oggi, nello specifico si prevede di stanziare 1 miliardo di euro all’anno per 20 anni per finanziare i vari bandi che consentano ai Comuni di intervenire sulla rigenerazione urbana.
C’è anche un tema che riguarda le risorse private e, affinché vengano garantite, si sta lavorando per mettere in campo incentivi diversi, sia fiscali che volumetrici.
Un altro grande tema è quello riguardante i centri storici, che si collega a come cambieranno le città.
Fino ad oggi i centri storici, infatti, sono stati il centro economico e lavorativo delle città ma il cambiamento in atto nel mondo del lavoro avrò ripercussioni. Inoltre, ad esempio nelle città d’arte, nei centri storici si sta registrando un vero e proprio abbandono dell’abitare da parte dei residenti e un’eccessiva presenza di offerta esclusivamente turistica. Bisognerà valutare, quindi, quali vincoli mettere in campo per tutelare i centri storici, sapendo che comunque non tutto ciò che è nei centri storici è anche di pregio.
C’è, poi, un tema importante che riguarda il rapporto tra le diverse istituzioni. La rigenerazione urbana, infatti, riguarda l’urbanistica, che è materia concorrente. Con la legge, dunque, stiamo cercando di definire gli ambiti di intervento di Stato, Regioni, Città Metropolitane e Comuni, senza appesantire eccessivamente e allungare eccessivamente i tempi e le procedure.
Su questo, credo che sia possibile pensare ad una cabina di regia nazionale in cui le Regioni e lo Stato definiscano di volta in volta le linee di intervento ma che consenta anche di mantenere le legislazioni regionali vigenti e gli strumenti urbanistici comunali vigenti dove già ci sono e funzionano, se non vanno in contrasto con i principi enunciati dalla normativa nazionale.
La legge a cui stiamo lavorando, dunque, sarebbe molto innovativa dal punto di vista degli effetti che potrebbe produrre e delle risorse che mette in campo.
Articolo pubblicato dalla rivista Gente in movimento.