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    I quartieri ERP

    2° tappa. Via Salomone 29 giugno 2018

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    La seconda visita nei quartieri popolari milanesi l’ho fatta venerdì mattina in via Salomone 40, un casermone di Edilizia Residenziale Pubblica in cui vivono un migliaio di persone, assurto agli onori delle cronache perché Papa Francesco ha scelto di essere lì durante la sua ultima visita milanese a testimoniare l’impegno della Chiesa per migliorare la vita delle periferie urbane. 

    Era diversi anni che non ci andavo. L’ultima volta era stata presentata la proposta di abbattere l’intero quartiere, allora considerato irrecuperabile, spostando i residenti in un quartiere nuovo che avrebbe dovuto essere costruito lì vicino. 

    via  Salamone

    Mi portarono in diversi appartamenti in cui signore anziane, spesso sole, volevano spiegarmi con quanta cura erano stati tenuti da chi vi abitava, quanti lavori e migliorie avevano fatto e, soprattutto, raccontarmi che abbandonare i luoghi della vita delle loro famiglie e dei loro ricordi sarebbe stato un sacrificio. 

    Il progetto di sostituzione non andò in porto e Aler intervenne per rimuovere l’amianto e rifare gli impianti di riscaldamento collegandoli ad una nuova centrale termica. 

    Per il resto i problemi strutturali sono ancora tutti lì: le infiltrazioni richiedono il rifacimento del tetto e del cappotto che mi dicono essere in programma, progettato e finanziato ma l’inizio lavori viene continuamente rinviato. 

    Ma basta andare in via Salomone per capire che il problema non è solo quello strutturale ma di un degrado più complessivo che continua ad essere presente nonostante le parole spese da Aler in occasione della visita del Pontefice. 

    s5 500La maggioranza delle parti comuni sono devastate, piene di masserizie, i vetri rotti come lo sono spesso quelli dei portoni, le cantine zone franche, in gran parte accessibili a tutti. 

    Tutto ciò dà il senso di un quartiere abbandonato, dove nessuno si occupa di riparare i vetri rotti, chiudere le cantine, pulire i muri o i citofoni. Certo se chi abita lì si sente insicuro succede soprattutto per questo, perché quando sembra di vivere in una terra di nessuno le persone hanno più paura, si sentono sole, soprattutto gli anziani, di fronte al degrado. 

    Contribuisce anche, come ci hanno raccontato, la presenza di tanti abusivi ma anche di tanti appartamenti vuoti sigillati dai lastroni che non vengono assegnati perché mancano i pochi soldi necessari per metterli a norma e non si vuole che li anticipino i nuovi assegnatari. 

    In questo contesto è troppo facile indicare nei rom o negli immigrati il capro espiatorio. In realtà continua ad esserci una enorme responsabilità di Aler, ricordo da sempre governata dalla Lega, che ha abbandonato il presidio che lì era stato realizzato, non ha nessuna intenzione di mettere un custode che aiuterebbe tanto a segnalare le cose rotte, vandalizzate e a ripararle. 

    È Aler che deve combattere il degrado e non lo fa.

    Anche in questo quadro desolante, fortunatamente ci sono due presidi sociali ma anche di legalità importanti. Uno è rappresentato dall’iniziativa dei custodi sociali promossa dal Comune di Milano e l’altro dal centro della Caritas Ambrosiana che abbiamo visitato e dove ci hanno raccontato quanto bisogno abbiano gli anziani, non solo di occasioni di socializzazione, che comunque si cerca di creare, ma di piccoli aiuti, usare il computer, compilare moduli ecc., soprattutto, e questo è il paradosso, per poter ottenere da Aler interventi nel momento in cui hanno bisogno. 

    Anche questa seconda visita conferma che il disagio delle periferie è legato soprattutto a una cattiva gestione, all’incuria e alla sensazione di solitudine in cui vivono tanti anziani. 

    La risposta non può essere quella, come è successo in via Salomone, di piantare alberi in mezzo a un campo di calcio per impedire le partite tra squadre di stranieri, ma si deve combattere il degrado e l’illegalità e costruire convivenza non lasciando nessuno da solo.

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    © Franco Mirabelli
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