Subito la legge su rigenerazione urbana e contro il consumo di suolo per avviare la transizione ecologica

L’alluvione che ha colpito una parte importante dell’Emilia Romagna e delle Marche ha devastato territorio e infrastrutture, colpito migliaia di famiglie che hanno visto le proprie abitazioni allagate e provocato troppe vittime.

Ora è il tempo degli interventi per l’emergenza, che non è ancora finita, e di organizzare la ricostruzione. Servono risorse e provvedimenti che consentano di accelerare gli interventi. Ma questa tragedia conferma la fragilità del territorio di fronte ad eventi violenti ed inediti frutto dei mutamenti climatici che stanno producendo l’alternarsi di condizioni di siccità con precipitazioni di intensità e durata mai viste.
Come è stato detto, è certo che eventi come questi si potranno ripetere e che occorre attrezzarsi per far fronte alle emergenze, ma intanto questa consapevolezza deve spingere, prima di tutto la politica, a mettere in campo rapidamente ogni intervento possibile per ridurre i rischi, intervenire sul dissesto idrogeologico e mettere il più possibile in sicurezza il territorio.
Serve finalmente mettere mano a quelle opere, piccole o grandi, che non danno visibilità o consenso immediato ma che possono prevenire o limitare gli effetti di questi eventi estremi. In particolare è necessario intervenire su due fronti.
Quello di dotare il Paese di infrastrutture che consentano di governare il più possibile le acque. Penso al lavoro fatto e quasi completato per ridurre i rischi di esondazione del Seveso a Milano, dalla pulizia del tratto tombinato per aumentarne la portata fino alle vasche di laminazione la cui realizzazione può diventare decisiva per impedire e limitare le inondazioni. E penso al lavoro quotidiano necessario per la manutenzione degli argini e delle aree boschive e alla riforestazione delle aree montane e collinari.
C’è poi il tema decisivo della necessità di fermare il consumo del suolo.
Ispra ha calcolato che ogni giorno in Italia vengono occupati da costruzioni o altre opere di cementificazione 19 ettari, l’equivalente di 27 campi di calcio. Significa che ogni giorno si riduce la capacità del territorio di assorbire l’acqua, creare le condizioni per mettere a rischio i centri abitati dove le acque diventano un pericolo perchè non possono trovare sfogo per l’eccesso di urbanizzazione e perché i terreni impermeabilizzati favoriscono l’accumulo delle acque.
Questa non è l’unica ragione per cui è ormai imprescindibile fermare il consumo di suolo ma è certamente tra le più importanti.
In Parlamento, da anni sono depositate proposte di legge su questo tema che, al di là dei buoni propositi, non vedono la luce.
La scorsa legislatura sono stato relatore di una legge sulla rigenerazione urbana e il consumo di suolo che non siamo riusciti a portare fino in fondo, per la fine prematura della legislatura, nonostante si fosse creato un larghissimo consenso.
Ho ripresentato quel testo a inizio di questa legislatura ma, incomprensibilmente, non è ancora stato portato il tema nella Commissione competente.
Naturalmente tutto ciò va fatto e va fatto presto ma, nel lungo periodo, resta la necessità di intervenire per contrastare i mutamenti climatici, i cui effetti cominciamo a conoscere drammaticamente e a soffrire in modo evidente.
Non c’è alternativa alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili le cui emissioni sono all’origine dei danni subiti dall’ambiente e questo significa cambiare la nostra economia e il nostro modo di vivere. E’ la famosa transizione ecologica che deve portare a produrre senza inquinare e a consumare meno senza rinunciare a muoversi o a scaldarsi. Non è la sfida del futuro ma deve essere quella di oggi, su cui investire.
La sfida che può migliorare la vita di ognuno di noi, creare posti di lavoro, salvaguardare l’ambiente a patto che si abbia la consapevolezza della necessità cambiare.

Articolo pubblicato da Green Report.

 

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