Il nuovo Piano Casa
Sulla questione della casa abbiamo raccolto tutte le risorse disponibili e abbiamo stanziato un miliardo, con l’idea di implementarlo nei prossimi anni.
Con quell’investimento rimettiamo in campo politiche che da molto tempo non si facevano in Italia. Per molto tempo, infatti, abbiamo ragionato di casa soltanto in termini di emergenza. L’ultima legge sulla casa votata a livello nazionale, di cui ho fatto il relatore, è stata approvata nel 2014 e si richiamava proprio all’emergenza abitativa.
Noi abbiamo bisogno di rimettere in campo politiche per la casa che rispondano ad una domanda abitativa molto forte e anche una domanda di qualità.
Nelle prossime settimane la Ministra presenterà il Decreto attuativo del Piano Casa ma già sappiamo qual è l’idea: realizzare soluzioni abitative non solo in housing sociale o in edilizia sociale a canoni contenuti ma anche in edilizia residenziale pubblica con canoni sociali - perché oggi c’è questa esigenza - e di farlo anche con il contributo dei privati e del terzo settore, finanziando progetti specifici.
La casa è una competenza regionale, per cui più di questo non si può fare. L’idea che sta alla base della nostra azione, comunque, è quella di mettere in campo finanziamenti per progetti per la rigenerazione urbana nelle aree degradate del Paese, interventi sulle aree dismesse, interventi in quei luoghi dove è possibile costruire senza ulteriore consumo di suolo, finanziando progetti abitativi ma non solo.
Questo è il modo in cui siamo intervenuti sulla casa.
Questo tipo di interventi indica il fatto che il pubblico si occupa di aiutare le persone che non ce la fanno o che fanno più fatica (che oggi sono anche i giovani che fanno lavori precari).
Per questo non ha più senso proseguire sulla strada dell’incentivo dell’acquisto della casa ma occorre fare una politica seria per incentivare l’affitto.
Oggi, anche i lavoratori dipendenti che prendono 1.500 euro al mese fanno fatica a pensare di poter comprare la casa.
Il vecchio modello per cui si comprava la casa vicino al posto di lavoro dove si sapeva che si sarebbe stati tutta la vita, vista anche la mobilità del mercato del lavoro, ormai non ha più senso.
Probabilmente, per molte famiglie intestarsi un mutuo in presenza di un’incertezza rispetto al futuro diventa un onere che condiziona la vita.
Ai fini di incentivare l’affitto, la scelta di stabilizzare la cedolare secca al 10% per chi affitta a canoni concordati è stata molto importante.
Fino a poco tempo fa, infatti, la cedolare secca al 10% veniva rinnovata di anno in anno; stabilizzarla vuol dire che i proprietari di casa sanno che pagheranno il 10% non solo quest’anno ma sempre e, quindi, dà garanzie.
Questa norma è utile perché nel corso degli anni ha fatto emergere in maniera significativa gli affitti in nero ed ha aiutato a tenere bassi i canoni.
C’è poi un tema di dare aiuto alle persone più a disagio che non riescono più a pagare l’affitto e a mantenere la casa e per questo abbiamo rifinanziato il Fondo Sostegno Affitti, dopo alcuni anni che non si faceva più. Queste risorse, oggi non finiscono più a pioggia alle famiglie ma vengono erogate alle Agenzie dei Comuni che si occupano di trovare soluzioni abitative per le famiglie che hanno difficoltà oppure per mediare nel rapporto tra queste famiglie e i loro proprietari di casa che, giustamente, dopo mesi che non ricevono l’affitto hanno bisogno di essere aiutati anche loro se si vuole mantenere quel rapporto.
Sulla casa, quindi, abbiamo ricominciato a mettere in campo idee e anche norme efficaci.
Sul tema della casa e dell’abitare c’è un ruolo molto stringente delle Regioni e anche dei Comuni rispetto al contrasto alla speculazione.
Credo che ci sia un ruolo importante dei Comuni anche rispetto alla possibilità di evitare che in una città si costruisca soltanto edilizia residenziale di pregio per evitare che avvenga l’espulsione dei ceti più bassi della città.
A Milano, tutte le politiche che il Comune ha fatto rispetto alle grandi trasformazioni urbane o sugli scali ferroviari comprendono il tema della garanzia che una parte di quelle residenze venga destinata a persone con redditi medio-bassi.
In una città come Milano, credo che sia stringente anche il tema delle residenze universitarie e siamo un po’ in ritardo su questo fronte: abbiamo Università di grandi eccellenze e, per essere competitivi a livello mondiale, bisogna anche avere la possibilità di ospitare studenti da fuori. L’Università Bocconi ha un suo campus; adesso nell’area che è stata di Expo si sta costruendo un campus universitario in cui dovrebbero esserci un numero significativo di alloggi per studenti.
Ci sono anche altre strade intraprese in altre realtà, come il favorire il fatto che anziani soli possano ospitare studenti.
Ci possono essere, quindi, molte politiche su questo versante.
Non è, però, il Piano Casa che può risolvere questo tema.
Il Piano Casa nazionale può dare una mano per la rigenerazione urbana, per realizzare edilizia sociale e edilizia residenziale pubblica ma il resto devono farlo Regioni e Comuni.
Il problema è che la nostra Regione, da questo punto di vista, sta facendo poco.
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