Il governo non aiuta i più deboli

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In questi anni tutti gli indicatori ci hanno confermato un aumento evidente e significativo delle diseguaglianze economiche e sociali.

Gli anni della crisi economica, del Covid e del conflitto in Ucraina hanno fatto perdere potere di acquisto e opportunità anche a chi non aveva mai dovuto far fronte a ristrettezze e preoccupazioni per il futuro e ciò ha alimentato paura e insicurezza e aumentato le distanze con chi, grazie ai propri redditi e al proprio patrimonio non ha subito l’impatto delle crisi.
Il compito principale della politica e delle istituzioni deve essere proprio quello di ridurre le diseguaglianze, garantendo diritti e opportunità a tutti, aiutando chi è più in difficoltà.
Dopo un anno di Governo Meloni appare purtroppo evidente che ridurre le diseguaglianze non è né una priorità né un obbiettivo della maggioranza. Anzi, molte scelte fatte, anche con l’ultima Legge di Bilancio, contribuiscono ad aumentare la distanza tra chi ha e chi non ha, tra chi può e chi non può.
La scelta di rifiutare di introdurre - come nel resto d’Europa - il salario minimo, significa rinunciare a consentire a quasi tre milioni di lavoratori sottopagati di poter aumentare il proprio potere d’acquisto e migliorare le condizioni di vita loro e delle loro famiglie.
Qui non si tratta di assistenzialismo ma di una misura di giustizia sociale necessaria per affrancare tanti lavoratori da una situazione di indigenza e sfruttamento.
Su altri terreni però sono le stesse scelte del Governo a creare le condizioni per l’aumento delle diseguaglianze, in particolare su sanità e casa si indebolisce l’intervento pubblico su due questioni fondamentali per la vita delle persone.
Recentemente, il Censis ha certificato che per il 75% degli italiani è diventato più difficile accedere alle prestazioni sanitarie a causa delle liste d’attesa troppo lunghe per qualunque necessità. La conseguenza di questa situazione divide il Paese tra chi può evitare le liste d’attesa pagandosi le prestazioni e chi, non potendo farlo, è spesso costretto a rinunciare alle cure.
Nella Legge di Bilancio non si interviene né per finanziare adeguatamente il Servizio Sanitario Nazionale (l’aumento di stanziamenti non basta neppure per far fronte agli aumenti dei costi energetici), né per intervenire sulla mancanza di medici e di infermieri, così si aggravano i problemi, non solo non si risolvono.
Sulla casa, l’assenza dell’intervento del Governo, a fronte di almeno 600mila famiglie che chiedono di avere un’opportunità abitativa a costi sostenibili, è ancora più evidente.
È stato azzerato il Fondo Sostegno Affitti che consentiva ai Comuni di aiutare le famiglie che, avendo perso il reddito o per altre ragioni, non riescono a pagare l’affitto e, a fronte di ciò, non c’è nessun investimento per aumentare le case accessibili per i redditi più bassi.
La mancanza di politiche su temi fondamentali per la vita delle persone come la salute e la casa è sufficiente a dimostrare come il Governo non intervenga per aiutare i più deboli e ridurre le diseguaglianze.
Ma ci sono cose più piccole ma emblematiche come l’aumento dell’IVA per assorbenti e pannolini a fronte della diminuzione della stessa per interventi estetici e integratori.
Si aumentano prodotti necessari a molte famiglie e si taglia il costo di prestazioni a cui accede una parte della popolazione, non certamente quella coi redditi medio bassi.
In questi anni, di fronte alle crisi, la destra ha saputo cavalcare le paure e le insicurezze ma anche la protesta per la crescita delle diseguaglianze, spesso speculando su di esse.
Oggi il tema è scomparso dall’agenda e dall’azione concreta del Governo, con il rischio di peggiorare la vita di tante persone.

Articolo pubblicato su Huffington Post e Quotidiano Sanità.